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sabato 17 marzo 2012

Reiterato panegirico del posteriore femminile

23/10/2006



Il successo del nostro precedente elogio del sedere femminile ci ha spinto a ritornare con rinnovata lena sull’argomento, segnalando nuovi esempi dell’attenzione dedicata nei secoli alla tematica da parte di pittori, scultori, fotografi o semplici, quanto raffinati, estimatori della materia.
Cominciamo il nostro excursus accolti da un sedere allegro (fig.1), che ci invita ad accomodarci ed a partire dalle più antiche espressioni artistiche in lode dell’agile e scoppiettante attributo femminile.
  
Tra i più celebri sederi di consistenza marmorea una posizione di rilievo è occupata dalla Afrodite Callipige (fig.2) del museo Archeologico di Napoli, una statua ispirata alla Cnidia del sommo Prassitele, che per primo, nel IV secolo a.C., aveva avuto l’ardire di  descrivere la bellezza femminile esplorandone ogni dettaglio anatomico. Il nudo, trattato con gusto malizioso, trova pretesto nel tema idillico della fontana, alla quale la dea è in procinto di bagnarsi, per cui solleva la veste e, volgendo lo sguardo indietro, può ammirare sullo specchio dell’acqua il suo splendido kallipygos, da cui il nome del famoso marmo, che traduciamo per gli ignoranti: dal bel sedere.

Una posa identica all’Afrodite, mutatis mutandis, è quella assunta dalla Merckel, immortalata questa estate da quasi tutti i quotidiani europei, che hanno dedicato ampio spazio in prima pagina con foto e servizi ai glutei della cancelliera, sorpresi nature al sole di Ischia. Non pubblichiamo la foto per decenza e per non turbare i consolidati rapporti di amicizia tra i due paesi, ma un dubbio però ci assale e rischia di turbare i nostri sonni. Chi ci assicura che si sia trattato propriamente del deretano più votato della Germania? Chi può mettere la mano sul fuoco... ed assicurarci dell'identità delle importanti chiappe. Le fonti diplomatiche pare non abbiano confermato, nè smentito! Ma forse i giornali dedicando tanta attenzione ad un argomento del genere a discapito dei tanti problemi che ci attanagliano hanno voluto semplicemente prenderci per il c...
Ritornando ai marmi non si può, in periodo di par condicio, escludere dalla trattazione il sedere bisex dell’Ermafrodito dormiente (fig.3), conservato alla Galleria Borghese di Roma, che ripropone un tema esaltato dall’ateniese Policle e che poi incontrò successo, come prodigio naturale, tra i Romani, descritto con particolari piccanti dallo stesso Ovidio in un passo delle Metamorfosi. 
Una variante della statua, conservata al Louvre, possiede una sorta di materasso, eseguito dal Bernini, per escludere dallo sguardo delle persone più vereconde, gli attributi sessuali multipli del dormiente.
Passando alla pittura proponiamo un quadro di Toulouse Lautrec, il quale nella prima metà degli anni Novanta  si dedica a descrivere nei suoi dipinti la vita che si svolge nelle maison closes, le celebri case di tolleranza parigine, in una delle quali, tra le più lussuose ed esclusive, dal ’93 si trasferisce a vivere, intrecciando una breve relazione con una delle ragazze.
Nella Donna nuda dai capelli rossi accovacciata (fig.4), eseguito nel 1897 e conservato a Parigi nella collezione Pellet, è ritratta la  fiamma del pittore in una posizione abituale per le professioniste del sesso. La tavolozza risente dei colori puri delle stampe giapponesi ed è resa preziosa dalle pennellate rapide, che lasciano scorgere in alcuni punti il disegno circostante. Questa, come altre sue tele, suscitavano grande scandalo tra la critica, che viceversa accettava tranquillamente le decine di nudi integrali esposti al Salon con etichette di comodo, che facevano divenire soggetti biblici, mitologici o storici ragazzotte, spesso prostitute, dalle forme opulente, generosamente esposte.

La protagonista del dipinto è spiata nella sua intimità e palpabile è la malinconia struggente di questa fanciulla, costretta ad una posa appusata per soddisfare un desiderio particolare di qualche cliente. Il seno scende a piombo, parallelo al corpo, disegnando una linea sinuosa, che sembra voler vincere la legge di gravità. La signorina…, come tante sue coetanee è affetta da una sindrome caratteristica descritta con precisione dal poeta Charles Baudelaire lo spleen, un misto di noia e di angoscia, una consapevolezza triste del vuoto esistenziale, che la vita frenetica di Montmartre tenta inutilmente di esorcizzare. 
L’Impressionismo è prodigo di sederi appetibili, segno ineludibile di una preferenza che nel tempo è divenuta proverbiale. Passiamo agevolmente da un deretano bagnato (fig.5), immortalato dalla sbrigliata fantasia di Renoir ad uno asciutto (fig.6), esito del voglioso pennello di Degas.


Renoir fu l’appassionato cantore della ricca e gaia borghesia francese dell’epoca, ritratta in scene corali, oppure intime e sensuali.
Intorno al 1880 Renoir si innamora di una sua modella, Aline Charigot, che diventerà sua moglie, una giovane di straordinaria bellezza, dai lunghi capelli biondi, dal seno  prominente e dal sedere sodo, una virtù… che faceva letteralmente impazzire l’artista.
“Se non esistesse la donna nuda non avrei scelto di fare il pittore, quando ne ho dipinto una, se ho voglia di toccarla e di pizzicarla, vuol dire che ho concluso bene il mio lavoro”. Era la frase che Renoir amava ripetere fino alla noia. I suoi grandi nudi femminili somigliano a ritratti di dee pagane dalle forme straripanti ed opulente. Egli sa leggere nell’animo delle donne che trasferisce sulla tela con i loro languori, i loro dolci capricci, la loro inquietante sensualità.
Talune volte impiega una giovane modella dagli occhi ed i capelli nerissimi e dalle forme favolose, Suzanne Valadon,  ma, scoperto dalla moglie Aline in un contatto tutt’altro che professionale, non potè continuare ad usufruire dei suoi preziosi servigi… E’ suo il notevole posteriore del dipinto, un dettaglio nella tela Bagnanti, conservato a Filadelfia in collezione Tyson. Negli ultimi anni della sua vita una grave forma di artrite immobilizzerà Renoir quasi del tutto, ma egli continuerà ad amare la vita e dipingerà fino alla fine, addirittura facendosi legare i pennelli alle dita oramai paralizzate o limitandosi a guidare le mani di un suo assistente nella lavorazione delle sculture. La vista di un seno o di un sedere nuovo, giovane e sodo sembrava resuscitarlo. La moglie con pazienza e rassegnazione raccontava che egli sceglieva le domestiche in base alla loro pelle…, che doveva assorbire bene la luce e negli ultimi anni, vecchio ed esausto, bastava la vista di un corpo nudo per dargli energia e fargli prendere di nuovo in mano con rinnovata lena il pennello.
Edgar Degas, occupa un posto particolare nel panorama della Parigi impressionista. Amò ritrarre la Parigi notturna ed il mondo dello spettacolo, ma col passare degli anni non avrà occhi che per le donne, con un debole per le ballerine, e le ritrasse spesso dal buco della serratura nei momenti più intimi, entrando meritatamente tra i voyeur, senza entrare nel merito dell’accusa, avanzatagli dalle cronache del tempo, di incallito pedofilo. 
“Voglio presentare la bestia umana che si occupa delle sue cose, una gatta che si lecca” amava ripetere ai suoi interlocutori “Le mie figure femminili sono esseri semplici, che si occupano di piccole cose, tra queste il lavarsi ed asciugarsi è una delle principali.” Nel pastello in esame (fig.6) l’artista porta la sua tecnica a nuove ed ineguagliate vette di virtuosismo, mescolando tempera ed olio raffinato per ottenere nuovi effetti di tessitura e di luce. La scena è pervasa da una sensualità sottile, con lo asciugamano, beato lui, pronto ad intrufolarsi  dappertutto come la più dolce delle carezze. Una delizia per gli occhi vedere quel delicato solco che delimita, divide e dà mistero a quelle magistrali creazioni di Dio: le natiche.
Un tuffo nel passato con una donna guerriero dalle terga poderose e combattive, un’Amazzone (fig.7), pronta a saltare sulla groppa del destriero ed a combattere e far soffrire gli uomini, ma chi di noi, pur sapendo di rischiare la pelle, non vorrebbe incontrarla?

E che dire del sedere di una diavolessa (fig.8), verde di rabbia, che si contrappone ardita alla potenza celeste, tra toni surreali e colori squillanti in un altare, conservato a Monaco nella Alte Pinakothek, con l’aggiunta di una seconda faccia, creazione irridente della sfrenata fantasia di Michael Pacher.

La fotografia domina la scena degli ultimi decenni ed il materiale a cui attingere è poco meno che sterminato, circostanza che rende difficile la scelta.
Opteremo per proporre della schiena tatuata (fig.9), di proprietà della compagna di un celebre calciatore portoghese, conosciuta nell’ambiente come la Figa di Figo.


E concluderemo questa breve carrellata brindando al sublime attributo femminile con la coppa di inebriante champagne (fig.10) offertaci dalla fanciulla che ci ha accolto allegramente all’inizio del viaggio

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