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martedì 27 marzo 2012

Proposte del governo per nuove carceri

16/5/2009

Il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta ha presentato il piano del governo per far fronte all’emergenza carceraria, che da tempo ha superato abbondantemente il livello di guardia straripando in un marasma ingovernabile con un numero di reclusi superiore di oltre ventimila unità la capienza massima. La notizia viene accolta con soddisfazione con la speranza che trovi quanto prima attuazione e che l’opinione pubblica, presa da altri problemi, non si dimentichi dell’urgenza della questione. A giorni, mentre gran parte della popolazione partirà per le vacanze, nelle celle, dove stipati come bestie sono ammassati i detenuti, la temperatura supererà costantemente i 40°, gli stessi ambienti, privi di vetri alle finestre, nei quali durante l’inverno si gelava dal freddo.
Gran parte delle strutture carcerarie italiane sono fatiscenti e collocate in antichi monasteri, conventi o seminari, come se lo Stato avesse volto delegare all’aura di sacralità di quei luoghi il compito, inevaso, di influire positivamente sulla rieducazione e sul recupero dei reietti. 
Né più né meno di ciò che è successo a Napoli nello stridente contrasto tra il nome altisonante di alcune strade e lo squallore che le circonda, indirizzi beffardi a Secondigliano per abitanti costretti a vivere gomito a gomito con la criminalità organizzata. La più grande piazza per lo spaccio della droga d’Europa che confina con Il posto delle fragole o Il giardino dei ciliegi, mentre le vedette della camorra si stagliano prepotenti in via La certosa di Parma o I racconti di Pietroburgo. A Ponticelli, altro Bronx invivibile, si passeggia in strade desolate che richiamano un lontanissimo mondo di favola da via Walt Disney a via Marilyn Monroe o viale Fratelli Grimm. Come se i nostri incauti amministratori avessero voluto affidare ad un’improbabile toponomastica il compito improbo di rendere quei luoghi inospitali, vivibili e civili.
Tra le novità del piano vi è anche la proposta di utilizzare delle navi, attraccate nei porti,  come carceri galleggianti. Una soluzione che avrebbe il vantaggio di essere rapidamente esecutiva. Dopo aver sfruttato per tanti anni le isole, da Procida all’Asinara, senza mai raggiungere la fama funesta di Alcatraz, perché non seguire questa linea solo apparentemente rivoluzionaria, essendo stata già prescelta da altre nazioni. Anche l’ipotesi di far lavorare i galeotti nei lavori di ristrutturazione delle celle solo a prima vista può apparire romantica, tenendo conto delle notevoli valenze educative.
Ma l’idea più dirompente è quella basata sulla vendita delle vecchie e famigerate strutture penitenziarie, situate spesso nel centro della città, a società immobiliari decise a trasformarle in alberghi lussuosi o in centri commerciali, collaborando in cambio alla costruzione di nuove carceri con criteri di efficienza e modernità.
Una soluzione vincente che permetterà un giro dell’orrido, ripercorrendo i padiglioni di Poggioreale, un via vai di pellegrini a Regina Coeli, dove Giovanni XXIII recitò messa o nella cella di Vallanzasca a San Vittore, nella quale il fascinoso bandito pasteggiava a champagne.

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