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domenica 25 marzo 2012

Obiezione di coscienza: diritto o prevaricazione?

14/4/2009


La 194 del 22 maggio 1978, ufficialmente legislazione in difesa della maternità, in pratica normativa  che regola l’interruzione volontaria della gravidanza, introdusse la facoltà per il personale medico e paramedico di esercitare l’obiezione di coscienza, una possibilità della quale usufruirono una percentuale preponderante degli aventi diritto e non solo, ricordo infatti che nell’ospedale dove lavoravo i primi due colleghi che si precipitarono in direzione sanitaria furono due oculisti!
La legge, frutto all’epoca di un ipocrita compromesso tra cattolici e forze di sinistra, ha compiuto trenta anni di vita, mostra vistose incongruenze che il tempo ed alcune scoperte scientifiche hanno accentuato e necessita urgentemente di alcune modifiche, in primis la possibilità di scelta del medico da parte della paziente. Un argomento scottante, che cerco da tempo di far giungere, se non nelle aule parlamentari, almeno  sui mass media per un confronto sereno tra idee contrastanti, ma in questo articolo vorrei concentrare la discussione unicamente sul problema dell’obiezione di coscienza, segnalando ai lettori due mie contributi recenti, che sono stati pubblicati sui due principali quotidiani del Paese: la Repubblica ed il Corriere della sera.

Egregio dottore,
l’obiezione di coscienza è un diritto sacrosanto, previsto in molte legislazioni europee, che permette ai sanitari di non avere una parte attiva in prestazioni mediche contrarie ai propri principi morali. 
Lentamente questa facoltà è stata allargata a dismisura, dando luogo a comportamenti paradossali, come il portantino che non vuole accompagnare una paziente che deve sottoporsi ad interruzioni di gravidanza o il farmacista che si rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo, nonostante la presentazione della ricetta ed il farmaco sia regolarmente registrato nella farmacopea. Senza tenere conto dell’obiezione dichiarata per non inimicarsi il direttore sanitario o il protettore politico, uno squallido prosseneta che tutti coloro che esercitano in strutture pubbliche sono costretti ad avere. Molti per quieto vivere o vigliaccheria dimenticano che la coscienza quando non è d’accordo con una legge ritenuta sbagliata o un sentenza avversa quando si è innocenti deve essere pronta a ribellarsi, a costo di essere perseguitati, di non fare carriera, di perdere il lavoro, gli amici, la libertà, al limite anche la vita.
Troppo facile l’obiezione che fa pagare ad altri il costo di una scelta comoda, ma in questi casi non si tratta di coscienza, ma di una pallida parvenza di morale ipocrita e menzognera.
La Repubblica -  19 dicembre 2008, pag 32

Caro Romano,
in riferimento alla lettera sull’obiezione di coscienza negli Stati Uniti, vorrei precisare che essa, come in Francia, Spagna e Inghilterra, è del tutto ininfluente perché le interruzioni di gravidanza avvengono la gran parte in cliniche private. Una situazione diametralmente opposta a quella dell’Italia dove una legge  vecchia, frutto di un difficile compromesso, permette l’aborto solo nelle strutture pubbliche, per cui l’obiezione di coscienza, spesso fasulla, incide pesantemente sui tempi di attesa, esasperando le donne, già costrette ad una scelta sofferta e difficile.
Corriere della Sera – 12 aprile 2009, pag 31  

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