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venerdì 30 marzo 2012

La verginità: definizioni e pareri a cavallo dei secoli

21/1/2010

La verginità ha sempre rappresentato qualcosa di importante e significativo per l’uomo sin dagli albori della civiltà.
Grave errore è stato in passato credere alla promiscuità dei popoli primitivi e alla totale libertà dell’unione fra i due sessi nelle società umane più antiche. Il fenomeno dei rapporti sessuali è stato sempre considerato come particolarmente grave e la prima attuazione di essi è stata sempre proceduta o accompagnata dai riti di un’iniziazione speciale.
Il desiderio di possesso esclusivo, la considerazione della donna come proprietà, la paura delle malattie veneree in alcuni periodi storici, la volontà e l’obbligo di consacrarsi ad un solo uomo, sono alcuni dei motivi per cui nei secoli il tabù della verginità ha arrovellato la mente degli uomini ed ha caratterizzato intere culture e religioni, come la giudaico cristiana, che le ha dato grande importanza.
Il cristianesimo che ravvivò le sante ispirazioni dell’umana coscienza soffocate dal paganesimo e dalle passioni e che rivelò degli obblighi che essa non avrebbe potuto conoscere doveva necessariamente inculcare la verginità per rafforzare l’animo dei praticanti.
Gesù Cristo volle nascere da una vergine, fu vergine egli medesimo. San Giovanni, il più casto, fu il suo discepolo prediletto, al quale morendo affidò la propria madre e San Giovanni passò in continenza tutta la vita. La sua legge proclama la preminenza della verginità sul matrimonio ed il Concilio di Trento grida anatema a chi sostenga il contrario. Ovunque e sempre le sacre vergini sono state oggetto di un rispetto pressappoco religioso; su tal punto le nazioni incivilite e le tribù selvagge si sono mostrate concordi: è nota la venerazione dei Romani per le loro vestali.
Tutti i popoli che avevano una così alta idea della verginità dovettero pensare che questo stato fosse gradito alle loro divinità; difatti la perpetua verginità fu spesso prescritta come condizione indispensabile per essere degni di servire la divinità, quasi sempre la continenza doveva accompagnare l’esercizio delle funzioni sacerdotali e l’adempimento di certi atti religiosi.
La violazione della verginità era guardata come un sacrilegio che attirava lo sdegno dei numi e meritava i più grandi castighi. Le vergini ree di questo delitto venivano punite con lo stesso supplizio sia a Roma come in Perù, venivano sepolte vive.
Presso gli Ebrei pur non essendovi mai stata una professione di verginità perpetua, nondimeno era lodata la vedovanza, in cui la donna nell’astenersi da un secondo matrimonio mostrava di amare la castità. Era severamente vietato entrare nel Sancta sanctorum e mangiare i pani di proposizione se non si era osservata la continenza.
I popoli primitivi hanno sempre accompagnato con rituali più o meno suggestivi la deflorazione matrimoniale.
Nell’antico Egitto vi era l’usanza che la giovane sposa, la sera delle nozze, fosse condotta dalle matrone nella camera nuziale; là l’imene era rotto da un bastone ricoperto da un panno bianco. Questo era poi gettato nel cortile interno, dove il marito riceveva i complimenti degli amici, se nel panno si constatava del sangue, prova della verginità della sposa. In epoca più vicina a noi tale costume era praticato da certe popolazioni arabe e beduine, anche se in forma un po’ diversa: è la suocera della giovane sposa che lacera l’imene con il suo dito avvolto in una pezzuola.
Molte culture hanno attribuito alla perdita della verginità una serie di trasformazioni fisiche e psichiche più o meno immaginarie.
A sproloquiare è un medico francese del Settecento:”La deflorazione è accompagnata da modificazioni organiche generali: aumento volumetrico del corpo tiroideo, manifestato da un lieve gonfiore del collo, stimolazione delle ghiandole a secrezione interna, rigoglio dei seni, mutamenti frequenti nel regime dei mestrui ecc. Ai mutamenti fisici si accompagna una vera metamorfosi dell’anima, la quale si esprime con atteggiamenti nuovi, con interessi prima sconosciuti, con un sentimento di felice pienezza della vita affettiva”.
Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel corso dei secoli sono stati dati alla verginità, ne ricordiamo alcuni tra i più spiritosi o i più significativi:
“Verginità: l’essere vergine. Purezza, purità, castità, innocenza, ingenuità, immacolatezza, candore” dal nuovissimo dizionario di Ferdinando Palazzi.
“Verginità. Stato di disgrazia” da un manoscritto di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze.
“Verginità: imene non rotto” da anonimo dell’Ottocento.
“Se la castità non è una virtù è però certo una forza”, frase di Jules Renard.
“Verginità: o che sciagura!”, esclamazione di Catherine Deneuve, attrice francese specializzata nell’interpretazione di film erotici.
Dalla nuova Enciclopedia italiana del prof. Boccardo, edizione 1875: “ Verginità, nel senso fisiologico, è lo stato sia del maschio che della femmina non venuti ad atti carnali. Nelle vergini l’esistenza dell’imene è quasi costante, ma detto stato può venire distrutto da mestrui copiosi(sic!?) da scoli leucorroici(sic!?) o da un accidente qualsiasi. Non se ne trova traccia alcune volte in bambine appena nate, mentre è provato che può rimanere intatto dopo l’atto sessuale.
Per la religione cattolica verginità è lo stato di chi ha rinunciato al matrimonio per consacrarsi a Dio. Dovunque e sempre questo stato ha risvegliato l’idea di celeste purezza e di forza sovraumana.” La castità per il vocabolario è l’astinenza dai piaceri dell’amore, per me è la rinuncia alla felicità” sentenzia il sommo Goethe.
Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci fornisce de Sade il divino marchese:” Castità e verginità per me le hanno inventate gli uomini per aumentare il loro piacere. Per gli animali e per tante genti del mondo sono cose senza senso, oppure per loro la femmina che si rifiuta al maschio o è malata o è perversa. Se la castità è una virtù, allora è virtuoso anche astenersi dal mangiare”.dopo il parere di de Sade, da cui deriva il termine sadismo, ecco ciò che pensava Masoch, dalle cui idee derivò il masochismo:”Solitamente per abolire uno stimolo qualsiasi della natura la prassi più elementare insegna che non c’è mezzo se non quello di soddisfarlo. Chi ha mangiato e bevuto non è più tormentato dal desiderio di cibi o di bevanda; chi ha dormito non prova più il bisogno di riposarsi; tuttavia nonostante queste realtà solari, per certi incorreggibili bigotti il desiderio sessuale dovrebbe fare eccezione. Per sopprimerlo non vi sarebbe cioè di meglio che perpetuarlo volontariamente! Il risultato di questa palese inversione di ogni logica più elementare non si fa attendere a lungo. Infatti la maggior parte delle anomalie sessuali che, in forma larvata o potenziale, sonnecchiano in moltissimi individui, deriva dalla repressione sessuale.
La verginità è stata ritenuta spesso un bene così prezioso che veniva strenuamente difeso con tutti i mezzi, infatti è quasi certo che la cintura di castità fu inventata da sacerdoti africani per preservare questo bene così prezioso dagli assalti di giovani di poca fede e di molto ardore e proteggere dalle tentazioni le stesse vergini. In seguito questo strumento è servito per interdire alle donne ogni soddisfacimento erotico al di fuori di quello legittimo.
Grazie alle diligenti ricerche condotte sula cintura di castità da competenti e valorosi specialisti sappiamo che tale strumento era sconosciuto ai Greci ed ai romani e che sia giunto in Europa dall’oriente dopo essere nato in africa in quella zona geografica dove tutt’ora si pratica l’infibulazione, pratica della quale parleremo diffusamente nel capitolo dedicato ai costumi sessuali dei popoli primitivi. La prima desrizione della cintura di castità compare in un manoscritto del 1405, scritto da u militare di nome Kajser conservato nella biblioteca dell’università di gottinga. Il più vecchio strumento conservato, chiamato Bellifortis, presentato come di origine fiorentina, fu adoperato da FrancescoII di Carrara, che fu tiranno di Padova, il quale avrebbe usato per sua moglie una cintura che oggi si trova nel museo del Palazzo dei dogi a Venezia. 
Dopo aver preservato la verginità delle della giovani africane e salvato dalle corna i signorotti medioevali in partenza per le crociate ha subito una raffinata evoluzione di cui ci parla l’autore di Historie d’O.
Dopo essere stata citata in diversi testi di letteratura erotica dalla Vita delle donne galanti del Brantone alla celebre Satira sodotica di Luisa Igea nella Historie d’O si perviene ad un’evoluzione dell’erotismo ed il mito della cintura oltrepassa lo stadio dell’immediata concezione di una rozza e grottesca tutela meccanica di un organo anatomico considerato un bene immobile, una privatissima proprietà cui si deve applicare un cancello per vietare l’ingresso agli estranei, per evolvere nell’ambito egualmente folle, ma assai più sottile, di una dimensione sadomasochistica in cui per l’appunto nell’Historie d’O è proprio uno dei componenti della coppia(in  questo caso la donna) a sollecitare, attraverso l’applicazione dolorosa, ma più che altro simbolica di congegni meccanici alle parti più segrete del proprio corpo,l’ambito riconoscimento di una schiavitù amorosa e di un annullamento totale del suo essere in quanto entità autonoma, fenomeno già da tempo verificatosi sul piano psichico.

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