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domenica 18 marzo 2012

il Simbolismo da Moreau a Gaugain e Klimt

21/3/2007


A Ferrara in mostra cento capolavori



Fino al 20 maggio sarà possibile visitare a Ferrara, al Palazzo dei Diamanti, una delle mostre più importanti dell’anno, senza dubbio la più accattivante: una silloge esaustiva di un movimento, il Simbolismo, che, nato in pittura, ha pervaso altre espressioni artistiche, dalla musica alla letteratura ed al cinema, coprendo un lasso temporale che va, senza interruzione di continuità, dalle sofferte liriche di  Charles Baudelaire alle estrose invenzioni di Federico Fellini. 
Nel Novecento darà luogo poi ad un nuovo gusto, che assumerà una diversa denominazione nelle nazioni dove incontrerà successo: Art Nouveau in Francia e Belgio, Modernismo in Spagna, Liberty in Italia ed in Inghilterra. 
Il 1886 viene considerato l’anno ufficiale di nascita del movimento simbolista con la pubblicazione del suo Manifesto sulle pagine del quotidiano Le Figaro ad opera del poeta Jean Moreas. Un anno emblematico, in cui vi sarà l’ultima esposizione collettiva degli impressionisti, esaltatori di immagini vive, vere e concrete, in antitesi al nuovo verbo, che si propone di indagare vasti orizzonti alla ricerca della vera ragione dell’essere. 
Il nuovo pensiero creativo si avvale del genio di scrittori come Wilde e D’Annunzio e di pensatori del calibro di Schopenauer, Freud e Bergson e trova nutrimento in germi già appartenuti alla sensibilità romantica.
L’estetica del simbolismo riflette l’esigenza di una lettura criptica della realtà ed è ricerca di un’arte globale, in grado di comprendere assieme poesia, pittura e musica, sintesi che avrà solenne incarnazione nel melodramma wagneriano. La musica sarà tra le espressioni artistiche la più ammirata, perché in grado di realizzare il più limpido modello di libera creatività, grazie all’incorporea natura dei suoni che sgorgano potenti dal profondo dell’interiorità.
La fonte ispirativa alla quale attingono i pittori simbolisti è un mondo ambiguo e surreale dominato da belle e da bestie, da sfingi e da centauri, da sirene e da angeli, un regno fantastico ed oscuro dalle forme evanescenti. Si ritorna ad antichi simboli egizi e mesopotamici, a miti della cultura greca, a storie bibliche ed a leggende medievali. La natura viene vissuta come lo scontro tra potenze sotterranee e misteriose, dove male e bene sono due facce della stessa medaglia.
La figura della donna è vista in maniera antitetica, fragile, di una bellezza languida e sensuale, spesso destinata alla morte, altre volte peccatrice incallita e crudele, come la Salomè o la Giuditta, una rovina per l’uomo vittima della sua tentazione.
La natura nella fantasia dei pittori simbolisti è popolata da esseri ambigui, metà umani e metà bestia: centauri, sirene, sfingi, che simboleggiano l’irrazionale, il contatto dell’uomo con la sua parte più misteriosa, inconscia e dionisiaca. 
Tra i dipinti esposti, Le quattro stagioni di Hodler, artista svizzero ispirato dalla luce abbagliante delle Alpi, è una composizione onirica dominata dall’aspirazione spirituale alla comunione tra l’uomo e la natura ed è incentrata su una processione di donne, più o meno vestite tra un fiume di papaveri.


In Esiodo e la musa di Gustave Moreau il poeta greco viene consigliato da una fanciulla angelicata dalle ali imponenti sul cammino da seguire. Un’altra opera in mostra dell’artista è l’Apparizione, nella quale l’affollarsi di riferimenti esotici e la commistione tra misticismo ed eros rappresentano la più completa cifra stilistica del pittore francese.
Nel Bacio della sirena di Max Klinger l’uomo viene sedotto dalla bellezza devastante della sirena, che lo trascina poi nel fondo degli abissi per divorarlo. Le mitiche signore del mare, dalla bellezza conturbante e dal fascino misterioso, posseggono un canto irresistibile dal quale deve difendersi anche il più astuto degli uomini Ulisse. Raffigurano degnamente l’autodistruzione del desiderio ed il pericolo delle passioni sfrenate.


Nella Sfinge di Fernand Knopff, l’artista trasforma l’antica creazione degli Egizi, per i quali era allegoria di potenza e vigilanza, in un animale dalla ferocia seduttiva, corpo di felino e testa di donna, incarnazione della lussuria. Nella celebre versione esposta in mostra la sfinge, nel cui volto il pittore ha ritratto incestuosamente la sorella, possiede una lunga coda avvolgente ed il corpo di un famelico leopardo, che simboleggia lo scatto repentino e travolgente delle passioni.


Ed infine troneggia maestoso lo Scherzo di Franz von Stuck, una composizione da cui emana prepotente una calda sensualità ed un morboso erotismo, tutta giocata sulla serrata dialettica tra maschio e femmina, tra innocenza e peccato, in una dimensione nella quale il corpo dell’uomo non è più separato dai suoi istinti naturali, ma libero di dare sfogo all’impeto delle pulsioni primordiali. 


Von Stuck era un personaggio bizzarro, che godette in vita di un’immensa popolarità. Possedeva una splendida villa che, oltre a fungere da atelier, era un giardino pagano delle delizie con tanto di altare del peccato, dove si compivano frequenti riti al dio del sesso, propiziati da festini in costumi arcadici e dove spesso, completamente nuda, danzava la celebre Isadora Duncan, eccitando i componenti della combriccola, che si affrettavano a libare alle divinità dell’amore.

La storia letteraria ed artistica del Novecento può essere letta come una competizione tra coloro che hanno ceduto alle seduzioni del Simbolismo e coloro che le hanno avversate ed un colpo micidiale verrà inflitto da quel genio devastante di Picasso, che, con le sue audaci scomposizioni della materia ed il suo odio per le introspezioni psicologiche, fornirà all’Arte nuove coordinate e nuovi sconfinati orizzonti. Il mondo ambiguo ed immaginario fissato sulla tela dai pittori simbolisti, il dramma musicale di Wagner, i versi strazianti di Baudelaire, il tempo interiore di Bergson, cederanno il passo alle espressioni artistiche del XXI secolo.

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