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lunedì 19 marzo 2012

Il piacere della fotografia

27/7/2007



Fotografare una bella donna nuda è un po’ come rubarle l’anima, fermare l’immagine fugace e poterla ammirare e toccare ogni qual volta desideriamo è fantastico, lasciare un ricordo immutabile al di là del tempo è semplicemente magico.
Nel campo della fotografia mi sia concesso presentare uno scatto personale della mia amica Irina, incantatrice in egual misura di uomini e di serpenti, in grado di sedurre e di domare anche il più perfido e scivoloso degli esseri viventi. Se la nostra progenitrice Eva avesse avuto anche un briciolo della sua arte, avrebbe saputo resistere alle insidie del perfido animale e l’umanità non sarebbe precipitata dal Paradiso terrestre alla faticosa ed improba vita di ogni giorno. L’uomo non sarebbe stato condannato a guadagnarsi il pane col sudore della fronte, mentre la donna avrebbe partorito senza dolore. La storia come sappiamo è andata diversamente e la maledizione biblica ha avuto il suo corso ineluttabile.
Allo stesso tempo fallo e utero, pene e vulva, il serpente è senza dubbio uno dei più antichi archetipi dell’ambivalenza sessuale. Ed è anche l’indiscusso archetipo dell’ambiguità del bene e del male, da quando, nella Genesi, esso appare come il più furbo e perfido tra tutti gli animali, il tentatore di Eva, alla quale riuscì a far credere che il frutto dell’albero della morte le avrebbe fornito la più ampia conoscenza.
Sul corpo di Irina si muove con circospezione; si annoda senza stringere attorno al collo, percorre silenzioso ed audace la valle del seno, delimitata da due monumenti alla procace bellezza e si avvia speditamente, attirato da un afrore irresistibile verso l’origine della vita, deciso a penetrarla dolcemente, come dolcemente accarezza, più che cento mani simultanee, l’epidermide vellutata della fanciulla, che osserva divertita i suoi lubrici e serpentini… movimenti.

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