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lunedì 5 marzo 2012

IL FASCINO DEL NUDO FEMMINILE NELLA PITTURA OTTOCENTESCA


Durante l’Ottocento al tema del nudo sdraiato si dedicano pittori affermati come Renoir e Courbet, Ingres e Gauguin, perfino il severo Van Gogh per un attimo trascura fiori e contadini per immortalare le appetibili grazie di una fanciulla di colore (fig 35). Al loro fianco una miriade di specialisti tra i quali si distinguono per impegno ed impeto rappresentativo i pompiers, eroici pittori che attizzano il fuoco delle passioni. Tra questi artisti mostriamo esempi di Delaroche, Cabanel, Debat Ponsan e Comerre (fig 25 – 27 – 38 – 42).
Francesco Hayez, fotografo… di corte dell’aristocrazia ambrosiana ed abile regista di melodrammi privi di forza ideologica, raggiunse spesso la perfezione formale, anche se si limitò il più delle volte a mettere in costume dei manichini. Ripetitivi e privi di vita i suoi quadri di storia, l’artista si espresse a più alti livelli nella ritrattistica, una tematica che seppe esprimere con raffinata modulazione cromatica e chiaroscurale, dando corpo a figure romantiche e inquiete. Ancora più affascinanti sono le sue figure femminili, sensuali e peccaminose, che trasmettono malinconia e turbamento. Imprevedibile capolavoro è la Maddalena penitente (fig 21), eseguito nel 1825 e conservato nella Galleria d’Arte Moderna a Milano, dove una santa dalle languide forme terrestri è placidamente adagiata su un lenzuolo di un virgineo biancore con alle spalle un panorama costituito da montagne scoscese ed invalicabili.
Questa eterea bellezza mediterranea dal volto sensuale ed accattivante e dal fisico scultoreo che più che alla riflessione invita a sani propositi bellicosi, sembra guardarci con indifferenza. Il suo sguardo è trasognato, incurante degli affanni terreni e con gli occhi che, pur fissando lo spettatore, sembrano proiettati fuori dal tempo e dallo spazio. Dal dipinto promana una dolcezza celestiale, serena, rassicurante che ci fa comprendere con quanta calma la santa abbia compiuto la sua scelta, sicura della bontà della sua decisione, illuminata dalla fede che tutto trascende, placando e spegnendo tutti i sentimenti ed i desideri ed esaltando la calma serafica, la serenità dell’animo, la certezza di una scelta adamantina. Il suo incarnato emana una luce radiosa e possiamo essere certi che se potessimo conquistarlo non andremmo all’inferno, ma direttamente in paradiso.
Eugéne Delacroix fu artista dalla personalità complessa, attento alle tematiche sociali ed attratto dal fascino dell’esotismo e del vicino Oriente, che seppe rievocare con calda sensualità e con una tavolozza memore della lezione di Rubens e dei Veneziani come ci mostra nella sua Fanciulla che accarezza l’uccello (fig 22), una tela carica di erotismo e sensualità.
Jean Auguste Dominique Ingres, fu pittore neoclassico o meglio classicista, grande ritrattista, ma soprattutto cantore della bellezza femminile, che fissò sulla tela in pose sensuali, solennemente e dolcemente nude, con un soffio d’Oriente, che in quegli anni, siamo nella prima metà dell’Ottocento, cominciava a fecondare gli schemi estetici occidentali. Egli con Delacroix dominò a lungo la vita artistica francese. Furono definiti dai fratelli Goncourt “I due gridi di guerra dell’arte”. Ingres fu alfiere del neo classicismo, Delacroix capofila del romanticismo.
Ingres è stato definito da taluni critici campione dell’accademismo, non fu tuttavia un artista accademico nel senso deteriore del termine, essendo lontano da qualsiasi forma artistica del suo tempo, isolato nella tenace ricerca degli ideali di bellezza classica, che egli sapeva magistralmente cogliere ed interpretare.
I costumi adamitici… dei suoi venerati greci, fonte primigenia della sua ispirazione, proseguivano imperterriti nel mondo islamico, cui stava rivolgendosi con curiosità l’attenzione dei romantici, suggestionata dai mirabolanti racconti dei privilegiati che avevano potuto ammirare le donne nude nel plus beau bain de Costantinople, ed egli ce ne fornisce un esempio calzante nell’Odalisca con la schiava (fig 23) nel quale ci rappresenta il culmine della voluttà in quel corpo nudo teneramente adagiato, che sembra desiderare unicamente di essere prima a lungo contemplato e poi finalmente conquistato.
Alexandre Cabanel, artista accademico francese, dai modi pittorici virtuosi e dalle immagini stereotipate, ma pervase da un pathos sensuale, dipinse nel 1863 la Nascita di Venere (fig 27), un’opera che intendeva coniugare la sensualità di Boucher con la perfezione formale di Ingres. La tela fu acquistata da Napoleone III e ciò gli valse grande notorietà e numerose altre committenze.
Venere è raffigurata con un incarnato dal candore abbagliante e in una posa voluttuosa, che dimostra l’insaziabile ardore del suo desiderio. La dea di sfolgorante bellezza era, come a tutti noto, un’antica divinità italica garante della fecondazione dei fiori, che fu assimilata dai Romani all’Afrodite dei Greci e nella nuova veste favoriva lo sbocciare della sensualità e gli amori illegittimi. La sua nascita, poeticamente raffigurata da Cabanel tra la spuma delle onde, sarebbe scaturita dal sangue versato nel mare da Urano, mutilato da Cronos con l’aiuto della madre Gaia, che gli procurò il falcetto fatale per la virilità paterna. Offerta ai voraci occhi dell’osservatore, con i seni turgidi dal desiderio, questa incontrastata dea della bellezza, circondata da una corte di servizievoli amorini si bea, languida e mellifluamente distesa, delle carezze del vento e del mare e sembra sorpresa dello scandalo che suscitò la sua esposizione al Salon, dove lo stesso Gauguin esclamò: ”Questa Venere è assolutamente indecente, odiosamente lubrica”.
Gustave Courbet è una delle figure di spicco nel panorama figurativo francese dell’Ottocento. Pioniere del Realismo, una corrente che si opponeva al convenzionalismo dell’Accademia che trionfava al Salon, contribuì con la sua arte innovativa a spianare la strada all’Impressionismo.
Il suo quadro più dirompente: l’Origine del mondo, suscitò le ire dei benpensanti, scandalizzati nel vedere realisticamente rappresentato il loro oscuro oggetto del desiderio, attraverso il quale erano venuti al mondo.
Nel Sonno (fig 29) egli tratta un tema altrettanto scabroso non solo ai suoi tempi: il lesbismo, accostando audacemente due superbi corpi nudi, che, anche quando dormono, si cercano disperatamente. L’artista diede alla sua creazione il nome di Pigrizia e lussuria, mutato pudicamente dai successivi proprietari del dipinto, tra i quali l’ambasciatore turco Khalil Bey, che lo conservava coperto da una tenda, mostrandolo solo agli ospiti più importanti.
Al filone orientalista ed esotico si iscrisse convinto anche Mariano Fortuny, artista catalano caliente e vero mago della tavolozza in grado, con una cromia calda e luccicante, di evocare mondi lontani difficili da raggiungere nella realtà, ma a portata di mano della fantasia. Nell’Odalisca (fig 31) del museo Nazionale di Catalogna a Barcellona, giocando sul contrasto tra il biancore del corpo nudo della fanciulla e la figura scura dell’arabo che, defilato in un angolo, suona malinconicamente un liuto, rievoca un’atmosfera di traboccante erotismo e di fascino misterioso. La giovane donna, mollemente adagiata su di un letto spazioso con lenzuola ricamate e variopinte coperte, scimmiotta immortali prototipi della storia dell’arte, dalla Venere di Tiziano alla Maja desnuda di Goya, fino all’Olimpia di Manet, senza raggiungerne la preziosità materica, ma il suo seno statuario gareggia alla pari con le celebri rivali ed è talmente turgido ed eccitante da far rischiare all’incauto osservatore un orgasmo visivo.
Henri Gervex, pittore accademico francese, è artista poco noto, ma in grado di realizzare un grande capolavoro: Rolla (fig 36), realizzato nel 1878 e conservato al museo di Bordeaux, una scena drammatica intrisa di erotismo e sensualità. E’ il momento che i pittori specialisti del nudo femminile entrano in rotta di collisione con la fotografia, in grado di fissare l’attimo fuggente, in concorrenza a sua volta con la nascente cinematografia, che si serve di eccitanti scenografie ed abili sceneggiature per descrivere intrighi e passioni, amanti appassionati e mariti traditi, donne fatali e audaci ninfette, tutte alle prese col demone del sesso e del desiderio sfrenato.
Nel dipinto di Gervex, un trionfo di colori smaglianti, che contrastano con le lenzuola bianchissime e l’incarnato madreperlaceo della candida giovinetta dai seni acerbi, in pochi attimi si consumano sesso e tragedia, ispirati al celebre poemetto pubblicato nel 1833 da Alfred de Musset, che prende nome dal protagonista maschile: Rolla, il quale, come ben si evince dalla tela, da poco ha placato le novelle brame sessuali della fanciulla. Egli è un giovane rotto a tutti i vizi, scriteriato eroe della lussuria, aduso ai più raffinati piaceri della carne. In tre anni ha dissipato un ingente patrimonio e con l’ultimo denaro, inseguito dai creditori, si paga un notte di piacere con Maria, una ragazza quindicenne, ancora vergine ed ingenua, spinta alla prostituzione dalla matrigna. Al mattino Rolla è infinitamente triste davanti alla miseria della sua vita ed incredulo davanti alla beltà di un fiore appena reciso. Confessa alla ragazza di volerla fare finita e Maria gli offre per dissuaderlo una preziosa collana d’oro di famiglia che gli permetterebbe di saldare i debiti. Purtroppo il veleno sta già facendo il suo corso, una bugia rassicura la fanciulla che si riaddormenta in una languida posizione, pronta ad un rinnovato amplesso ed il giovane si allontana per andare incontro al fatale ed ultimo appuntamento con la morte.
Henrie de Toulouse Lautrec cominciò a disegnare da bambino come distrazione alle lunghe giornate trascorse a letto per le precarie condizioni di salute, aggravate da due rovinose cadute, che gli bloccarono lo sviluppo degli arti inferiori. Trasferitasi la sua famiglia a Parigi, ebbe occasione di conoscere i pittori impressionisti e di approfondire le opere di Degas e Van Gogh, dalle quali rimase letteralmente affascinato. Sentendosi rifiutato a causa delle sue deformità fisiche, frequentava esclusivamente gli ambienti di Montmartre: sale da ballo, teatri e caffè concerto, che diventano gli scenari dei suoi dipinti più famosi, assieme al mondo dello spettacolo con i suoi lustrini raffigurati con colori vivaci. Collabora inoltre come disegnatore a giornali umoristici, per i quali utilizza nuove tecniche di incisione, disegnando vignette e manifesti. Questa sua attività suscita scalpore ed interesse per le notevoli innovazioni stilistiche derivate dal suo interesse per le stampe giapponesi.
Nella prima metà degli anni Novanta l’artista si dedica a descrivere nei suoi dipinti la vita che si svolge nelle maison closes, le celebri case di tolleranza parigine, in una delle quali, tra le più lussuose ed esclusive, dal ’93 si trasferisce a vivere, intrecciando una breve relazione con una delle ragazze.
Alcune sue opere sono dedicate al lesbismo, come il dipinto Due amiche (fig 44), realizzato nel 1895 e conservato a Zurigo nella collezione Buhrle, nel quale la più audace spoglia con lo sguardo la compagna remissiva, il cui seno floscio e molliccio non è certo da Guiness dei primati. Nelle case di tolleranza il lesbismo veniva condannato, ma tollerato ed era abbastanza diffuso tra le ragazze, le quali, dopo tanti uomini, la sera cercavano una compagnia femminile. A partire dal 1881 alcuni tra i locali più raffinati di Parigi, frequentati da ricchi borghesi, cominciarono a permettere l’ingresso anche a coppie di donne e l’evento fu visto come una ufficializzazione dell’amore saffico.
Paul Gauguin, dopo aver conosciuto Van Gogh ed aver vissuto ad Arles, si trasferisce a Parigi, dove la sua fama cresce giorno dopo giorno. Ma la potente sirena del mondo primitivo rappresenta per l’artista un richiamo al quale non sa resistere e nel 1891 parte per Tahiti, dove rimane affascinato da una natura incontaminata e da una vita semplice ed autentica. Recepisce i colori ed i profumi del posto e li trasferisce nella sua tavolozza. Dovrà tornare a Parigi, ma vi resisterà soltanto due anni. Nel 1895 è di nuovo a Tahiti che sarà la sua patria fino alla morte.
Alcune sue pitture sono intrise di filosofia e simbolismi, che però non riescono a frenare la sua libertà espressiva ed il suo amore per la pennellata calda e sensuale, come in Manau Tupapau (fig 43) nel quale la ragazza raffigurata ci attira irresistibilmente con la forza del suo posteriore da sogno ed è bella quanto il fuoco del sole che brilla nell’oro della sua epidermide creola, mentre i misteri dell’amore dormono quieti nella notte dei suoi capelli. La sua pelle vellutata risplende in una gamma di tonalità, un’evocazione lirica della natura mediterranea della quale Gauguin, invecchiando, si era perdutamente innamorato.

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