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giovedì 15 marzo 2012

Depenalizzare altro che criminalizzare

7/3/2006

Tra le isterie di fine legislatura una delle più gravi, anche se sottovalutata dai mass media, è stata la criminalizzazione del consumo delle droghe leggere, equiparate del tutto, attraverso un decreto legge, a quelle pesanti. I fautori di questa rivoluzione si sono poi pubblicamente confessati, affermando di aver fatto uso, e più di una volta, delle sostanze oggi da loro stessi vietate: Fini si è fumato una canna in Giamaica, Casini non si è nemmeno spostato ed ha fatto le sue esperienze in un prato… Dopo le fumacchiate giovanili, però, non sono precipitati, come da loro ripetutamente paventato, nei labirinti dell’eroina, bensì, per nostra ventura, alla guida del Paese. La nuova legislazione minaccia di coinvolgere nel baratro della penalizzazione milioni di consumatori, anche occasionali, e, mancando criteri oggettivi per definire la modica quantità che si può possedere per uso personale, il cittadino sarà ostaggio del potere discrezionale delle istituzioni, che potranno anche valutare, a loro insindacabile giudizio, la pericolosità sociale del consumatore di droghe leggere. Ne deriverà, come capitato negli anni dal ’90 al ’93, durante i quali vigeva una normativa simile, un incremento notevole, in breve tempo, della popolazione carceraria, che già esplode e presenta concentrazioni indegne di una nazione che vorrebbe definirsi civile. Nella patria di Giustiniano e di Cicerone si attuerà una sistematica eutanasia dello Stato di diritto e ciò mentre l’unica possibile soluzione per fronteggiare la macro e micro delinquenza, che oramai ha rotto gli argini e dilaga incontrastata, poteva essere la liberalizzazione della droga, un provvedimento che avrebbe richiesto coraggio e lungimiranza, doti che difettano ai nostri politici, forse per le peccaminose fumate giovanili.

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