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venerdì 23 marzo 2012

Da Rembrandt a Vermeer

12/12/2008


Il secolo d’oro della pittura fiamminga in mostra a Roma


Fino al 15 febbraio, presso il Museo del Corso a Roma, si può visitare la mostra “Da Rembrandt a Vermeer”, 55 quadri di pittura fiamminga provenienti dalla Gemaldegalerie di Berlino come la Ragazza col filo i perle(01) di Vermeer, l’Uomo dall’elmo d’oro(02) che fu a lungo attribuito a Rembrandt ed oggi ad un anonimo della sua cerchia, il Ragazzo che canta il flauto(03) di Franz Hals, la Madre(04) e la Pesatrice d’oro(05) di Pietre de Hooch, il Paesaggio con l’impiccato di Rubens, il Ritratto di nobildonna genovese(06)di Anton van Dick, Giovane donna alla porta(07)di Rembrandt.







Al fianco di questi capolavori vi sono opere di autori meno noti, che ci permettono di apprezzare quello che fu il secolo d’oro della pittura fiamminga, un periodo fecondo non solo per l’arte (vennero realizzati oltre 5 milioni di tele), ma anche per l’economia dell’Europa del nord, dove una classe di mercanti, di banchieri e di artigiani sviluppò un potere commerciale e finanziario tale da soppiantare il clero e l’aristocrazia.
Mentre a Roma Bernini raggiungeva il culmine della perfezione con le sue statue immortali e Caravaggio rivoluzionava l’iconografia sacra con le sue tele popolate da mendicanti e prostitute, in Olanda Vermeer dipingeva le sue misteriose fanciulle e Rembrandt stupiva il mondo con i suoi ritratti più veri del vero. Non gigantesche pale d’altare che affollavano trionfanti le chiese della Controriforma, bensì dipinti di piccole dimensioni realizzati con precisione fotografica tesi ad esaltare la quiete dell’intimità domestica, la vita della gente comune, le gesta della nuova classe sociale.
La morale calvinista, che si diffuse a macchia d’olio in queste terre abitate da poveri e malnutriti contadini, da un lato vietò le immagini sacre nei luoghi di culto, ma soprattutto, con la convinzione che il lavoro è gioia e non maledizione biblica, diede luogo al moderno capitalismo, creando le condizioni per produrre ricchezza.
In breve una nuova borghesia ostentò una lieve pinguedine per esaltare l’agio sociale, amò adornarsi con gorgiere inamidate ed indossò abiti scuri, abitò case confortevoli arredate con mobili solidi ed impreziosite da sfarzosi tappeti orientali dalle orditure brillanti(08 – 09).



Amò il divertimento(010) e la buona cucina, gli sfarzosi banchetti fatti di pietanze ipercolesterolemiche , immortalate in tante splendide nature morte(011), un genere che si affermò in quegli anni.
Festeggiava volentieri le fortune di una comunità dedicata al benessere materiale ed alla pacifica convivenza all’insegna di lucrosi traffici e spericolate imprese commerciali.(012 – 013 – 014 – 015 – 016 – 017)









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