Pagine

lunedì 5 marzo 2012

70 DIPINTI IN MOSTRA PER FESTEGGIARE CAPODIMONTE



articolo pubblicato lunedì 5 novembre 2007 su: "scena illustrata"

Per festeggiare i 50 anni di vita del museo sono giunti a Capodimonte dalle più famose pinacoteche del pianeta oltre settanta dipinti allo scopo di dialogare con le tele napoletane ed il risultato, superate le incertezze ed i dubbi dei primi giorni, appare sorprendente e si rivela sempre più un’idea vincente del vulcanico soprintendente Spinosa, infaticabile organizzatore di eventi artistici memorabili, aduso a lavorare in una realtà difficile come quella napoletana, con scarse risorse economiche e nel criminale disinteresse degli sponsor privati.
Gli autori in mostra rappresentano il top assoluto da Caravaggio agli Impressionisti e rispondono a nomi quali Cezanne, Gauguin, Goya, Manet, Murillo, Picasso, Rembrandt, Renoir, Van Dyck, Van Gogh, Velazquez e Zurbaran, per citare soltanto alcuni tra i maggiori.
Le opere sono distribuite lungo i tre piani dell’antica reggia affianco a quelle normalmente esposte, per cui per visitare la mostra è necessario confrontarsi con il cospicuo patrimonio permanente del museo poco noto ai turisti e misconosciuto dagli stessi napoletani.
Alcuni colloqui sono sorprendenti ed i quadri esposti sembrano conoscersi da sempre ed hanno rapidamente familiarizzato, come il Guercino al fianco di Mattia Preti o la dolcissima Donna con la perla di Corot in perfetta sintonia con la Madonna col Bambino e cherubini del Botticelli, lo stesso dicasi per alcune splendide nature morte come le Mele cotogne di Zurbaran rese con la stessa petrosità materica degli omonimi frutti di Luca Forte e la Cesta con piselli e ciliegie di Van der Hamen y Leon impregnata dello stesso profumo che emana prodigioso dalle tele dei Ruoppolo o di Brueghel.
Altre volte il forte contrasto è stato fautore di un fecondo dibattito come per i dipinti metafisici di De Chirico e di Carrà a colloquio con le certezze geometriche del celebre ritratto di Luca Paciolli o il sorprendente volto del graffittaro Basquiat al cospetto degli esiti di un Rosso Fiorentino o di un Salviati.
E che dire davanti a quella coppia di anziani contadini di Georges de La Tour ripresi dal vero mentre mangiano pane e miseria in compagnia delle tele a lume artificiale di un artista come lo Stomer o lo stralunato Doppio ritratto di Bacon posto in antitesi ai volti severi impressi sulla tela col suo tremendo impasto dal Maestro dell’Annuncio ai pastori, del quale, oltre alle sue tele partenopee, è in mostra una stupefacente Testa di vegliardo, di recente andata in asta a New York, nella quale sembra si possa scorgere, finalmente in maniera chiara, una J come iniziale della firma, ad avvalorare le teorie del De Vito, che da anni si batte per attribuire all’ancor ignoto artista il nome di Juan Do.
In alcune occasioni si è voluto operare un confronto tra tele di epoche diverse ma di soggetto affine, come la ipercolesterolemica Betsabea di Rembrandt vicino alla seducente Danae del Tiziano o la Antea del Parmigianino, uno dei più misteriosi ed affascinanti ritratti di tutti i tempi in compagnia delle due fanciulle immortalate da Picasso, una solare donna di Majorca ed una malinconica Olga Khokhlova, compagna del pittore. Ed a pochi passi la Susanna ed i secchioni di Rubens di prosperosa procacità a paragone dell’algida bellezza della casta fanciulla raffigurata dal Ribera. Ed a proposito di questa ultima tela vogliamo aggiungere che essa ha finalmente trovato una ragionevole paternità dopo aver vagato nelle aste internazionali prima come anonima e poi sotto le paternità più strampalate da Stanzione a Paolini. Nei lunghi corridoi seicenteschi in perfetta sintonia i dipinti di Van Dyck vicino alle tele del Novelli, divulgatore del suo verbo nelle regioni meridionali ed i quadri del Poussin ai quali si ispirarono i nostri Falcone e Gargiulo.
Concludiamo la nostra carrellata con il luminoso Festino di Erode di Rubens, un felice ritorno in città di un quadro, una volta nella collezione napoletana di Gaspare Roomer, il facoltoso banchiere fiammingo, che possedeva una raccolta con oltre 1500 pezzi ed oggi di proprietà del museo di Edimburgo. Il dipinto, un diluvio di colori di calda e seducente sensualità, fu la palestra visiva per tanti giovani pittori locali da Bernardo Cavallino a Luca Giordano, i quali prelevarono la gioia del più acceso cromatismo e la trasfusero nelle loro opere, inaugurando le felici stagioni del pittoricismo e del barocco.
Potremmo proseguire a lungo, ma tedieremmo il lettore e toglieremmo al visitatore la gioia di cogliere personalmente analogie ed antitesi come in un ideale contrappasso.
Per chi volesse visitare la mostra in compagnia del sottoscritto, usufruendo anche delle letture critiche sugli impressionisti di mia moglie Elvira, appuntamento alla biglietteria: venerdì 16 novembre alle ore 16, domenica 25 novembre alle ore 10,30 e sabato 29 dicembre alle ore 10,30.

Nessun commento:

Posta un commento