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sabato 26 gennaio 2013

La guerriglia di Capodanno




Ancora un tragico Capodanno, ancora morti e feriti per botti esplosi senza controllo e fuochi acquistati sulle bancarelle abusive. Il bilancio complessivo delle persone coinvolte negli incidenti verificatisi nella notte di San Silvestro è di due morti e 361 feriti. Una vera notte di barbarie che ha attraversato l’Italia dal Sud al Nord e che ha trovato come sempre il suo epicentro a Napoli ed in Campania, dove da anni si svolge una vera e propria guerriglia e dove si sono verificati i due decessi: uno a Caserta per colpa di una miccia troppo corta e difettosa di un missile che ha frantumato il cranio del proprietario di un noto ristorante ed a Benevento dove un razzo ha decapitato un imprenditore dopo avergli devastato il volto.
Anche questa volta si è perso il conto di dita e mani amputate, accecamenti, ustioni gravissime. I botti diventano di anno in anno sempre più potenti e pericolosi, dando luogo a danni gravissimi e invalidità permanenti.
Napoli è affetta da un’assurda malattia, la cui febbre sale con l’implacabile scandire delle lance verso la mezzanotte.
Non sono mai serviti gli inviti alla prudenza, nemmeno quelli arrivati da testimonial amati e prestigiosi. Subiamo senza reagire il fascino perverso di questa tradizione arcaica. Attraverso i botti si esorcizza la paura e si grida forte la rabbia. Più c’è crisi economica e più si spara, meno soldi si hanno più si spende per girandole e botte a muro. In una gara insensata con i vicini di casa, giurando di riscattarsi l’anno successivo, se qualche condomino ha sparato più forte di tutti.
Comprare prodotti illegali è semplicissimo; un ragazzino conosce le dinamiche del mercato meglio di un finanziere. Ciò che è vietato è facilissimo da comprare.
E da questa strage non sono immuni gli animali domestici, cani e gatti, compagni fedeli della nostra vita quotidiana, per i quali questa assordante follia collettiva si traduce in una tortura incomprensibie che porta al terrore estremo, causa panico anche in esemplari di grande coraggio, come cani lupo, mastini e rottweiller.
Questo Capodanno secondo i dati delle associazioni animaliste le vittime sono state più di 900: bruciate, investite dai razzi, ma anche morte di crepacuore per la paura.





Sarebbe stato più opportuno devolvere tutti questi soldi in beneficenza. C’è un mondo che soffre in silenzio e dignità: aiutiamo costoro, anziché sparare in aria in maniera inconsulta. Perché in futuro questo auspicio possa avverarsi sarebbe necessario ed improcrastinabile che i botti venissero puniti con pene molto severe sia per chi li fabbrica che per chi li acquista. Ci vorrebbe una sorta di tolleranza zero in primo luogo contro gli abusivi che bisogna smettere di considerare dei poveri cristi che si guadagnano la giornata e poi punendo anche chi li detiene per adoperarli, equiparando i petardi che contengono un certo quantitativo di polvere da sparo in tutto e per tutto al possesso di esplosivi e trattati anche dal  punto di vista come tali.
Le bancarelle per la vendita dei botti sono spuntate come funghi un po’ dovunque in città e in provincia: a Secondigliano, Pianura, Ponticelli, Piazza Mercato, Fuorigrotta, con la camorra che gestisce la distribuzione della materia prima proveniente dalla Cina ormai per il 90% del mercato.
Buona parte della produzione è appannaggio dei laboratori privati che si contano a decine nelle zone periferiche della Campania. Sono capannoni o sottoscala nei quali vengono mescolati ed assemblati polvere nera, nitrato, potassio e zolfo. Il risultato sono botti micidiali, venduti con nomi suggestivi o folkloristici che nell’ultimo decennio ha provocato una dozzina di morti ed oltre 4000 feriti.
Vi sono almeno 50 aziende fuorilegge, ma anche chi dovrebbe essere in regola non lo è perché il personale lavora in nero come nel caso del fuochista morto ad Angri poco prima di Natale.
Una situazione di precariato strutturale che finisce per portare altri soldi nelle casse dei clan ai quali produttori pagano lucrose tangenti nonostante le forze dell’ordine abbiano intensificato i loro sforzi pe reprimere il fenomeno. Infatti nel 2012 i sequestri di materiale illegale sono arrivati a 23 tonnellate a fronte delle 8 del 2011.
Nonostante tutto razzi e cipolle dilagano, non fanno nessun gioco luminoso ma solo un gran botto; proiettili che, sparati ad altezza d’uomo, sono micidiali.
Sono quelle stesse cariche micidiali che la camorra adopera per far saltare saracinesche e vetrine dei negozianti che non vogliono pagare il pizzo.





venerdì 25 gennaio 2013

« Meglio bestia che detenuto »

la prigione delle galline


Il governo si è sciolto senza prendere alcun provvedimento “sfollacarceri”, mentre quotidiani e mass media continuano ad interessarsi alla sorte dei cani randagi in Ucraina, dei gatti sfollati da Largo Argentina o delle galline costrette in gabbie anguste.
I detenuti gradirebbero che fosse dedicata pari attenzione ad esseri umani costretti a spazi talmente
Limitati da invidiare gli animali dei giardini zoologici.


mercoledì 23 gennaio 2013

Attila, un rottweiler pacifico


Attila
Ogni giorno i Mass Media mettono in evidenza la storia di cani fedeli, che, morto il padrone, si recano ogni giorno sul posto dove lo hanno visto per l’ultima volta: in chiesa o al cimitero.
Anche io vorrei raccontare la storia del mio cane, Attila, un rottweiler pacifico, che non vedo da un anno e mezzo, da quando mi trovo recluso nel carcere di Rebibbia.
Ogni qual volta mando a casa dei panni da lavare, mio figlio glieli fa annusare e lui subito corre nella mia camera da letto e si stende sul tappetino, dove era solito riposare accanto a me e li rimane per tutto il giorno nella vana attesa del mio ritorno a casa.

lunedì 7 gennaio 2013

Il candore delle cornacchie



Il grido di dolore e speranza di Totò Cuffaro dal carcere di Rebibbia


Da pochi giorni in edicola ed in libreria sono state distribuite le prime 10000 copie de “Il candore delle cornacchie” (Ed. Guerini - 20 euro; i diritti d’autore saranno devoluti in beneficenza).
Il volume scritto da Totò Cuffaro racconta la sua esperienza da uomo politico più potente della Sicilia a matricola 87833 del carcere di Rebibbia.
Per il titolo l’autore si è ispirato alle numerose cornacchie che affollano il cielo del penitenziario cantando allegramente, libere di poter andare dove desiderano e dalla circostanza che una di esse, il primo giorno di detenzione, si posò sulla finestra della sua cella e pareva volesse intraprendere un sorprendente dialogo muto col prigioniero; si parlarono con gli occhi, poi il volatile scappò via verso il vento della libertà.
Cuffaro rivendica la sua innocenza, ma, nello stesso tempo, accetta con cristiana rassegnazione la sua condanna.
Egli è sorretto da una fede incrollabile, la quale gli permette di sopportare le angherie e le assurdità di un regolamento penitenziario colmo di divieti e dove i numerosi doveri umiliano i pochissimi diritti.
Molti gioiscono quando un potente viene sbattuto nelle patrie galere, ben pochi riconoscono il rispetto per chi era andato a costituirsi con i suoi piedi, senza imprecare contro i giudici, con una dignità riconosciuta dagli stessi avversari politici. 
Nella narrazione vengono descritti senza acrimonia l’umiliazione delle manette del tutto inutili per chi si era consegnato spontaneamente, la cattiveria del sequestro degli effetti personali che con amorevole dolcezza la moglie aveva sistemato nella sua borsa, l’approfondita ispezione corporale subita, tutto nudo, in una stanza gelida.
Vedendo gli ergastolani egli si considera fortunato, che un giorno, a differenza di loro, potrà tornare ai suoi affetti familiari, alla sua tenuta in campagna dove farà il contadino, allevando pecore e capre e continuando  a produrre un vino tra i più rinomati della Sicilia.
Si parla della sua ora di corsa mattutina che gli ha permesso una forma fisica perfetta, perdendo in un anno oltre trenta chili.
Oltre cento parlamentari sono venuti a fargli visita oltre a numerosi ecclesiastici da semplici sacerdoti a qualche cardinale. Ma la visita più gradita fu quella di Marco Pannella, venuto la notte del 31 dicembre per cenare con lui assieme a detenuti ed agenti carcerari.
Poco prima vi era stato il 18 dicembre l’incontro con il Pontefice, dopo tante volte che aveva parlato con lui affettuosamente nelle sfarzose sale del Vaticano.
Confessa che vi è una donna misteriosa di cui conosce solo il nome, Antonella, che ogni giorno gli manda una cartolina per fargli compagnia da ogni parte del mondo, forse una hostess.
Vi sono anche particolari raccapriccianti come il suicidio per impiccagione di Luigi, un detenuto dimenticato dai suoi familiari e che ha pensato che l’unico modo per uscire dall’inferno della galera era togliendosi la vita.
Vogliamo terminare con una sua poesia che fa da quarta di copertina del libro.

Il carcere è un posto
che ti priva
non soltanto della libertà
ma soprattutto
del respiro lungo della vita.
Ci manca il fiato.
Il carcere ti spezza il fiato.

Totò Cuffaro



Rebibbbia 2012: Totò Cuffaro ed Achille della Ragione

giovedì 3 gennaio 2013

Una città sacra abitata da diavoli


Napoli capitale di santi e beati

01-Andrea Malinconico - Santa Patrizia (Napoli, S. Maria della Sapienza)
Secondo la definizione di molti dei viaggiatori del Grand Tour Napoli era un paradiso abitato da diavoli, ma si trattava semplicemente di poveri lazzari e di scugnizzi senza famiglia, mentre Napoli può e deve a tutti gli effetti essere considerata una città sacra per eccellenza per il numero di chiese, superiore a quello di Roma, per la cospicua concentrazione di monasteri ed ordini monastici, che un tempo copriva gran parte del centro storico, ma soprattutto per il gran numero di santi, indigeni o di adozione, tra cui alcuni dei più importanti e famosi del cattolicesimo.
Napoli, a partire dal Seicento, possiede addirittura 52 compatroni che si affiancano al protettore per eccellenza San Gennaro, di cui non parleremo perché ne abbiamo diffusamente trattato nel primo volume.
Cominceremo viceversa la trattazione con una santa, legata al più celebre collega dallo stupefacente prodigio della liquefazione del sangue, un fenomeno estremamente diffuso all’ombra del Vesuvio, e che nel suo caso avviene, oltre che nel giorno del suo onomastico, tutti i martedì dell’anno sotto gli occhi stupefatti ed increduli degli osservatori, nella chiesa di San Gregorio Armeno, dove sono conservati i suoi resti mortali.

02-Chiesa di San Gregorio Armeno
03-Il miracolo di Santa Patrizia nella chiesa di San Gregorio Armeno
Santa Patrizia (Costantinopoli, ? – Napoli, post 685) fu una religiosa bizantina, nata da una ricca e nobile famiglia discendente dall’imperatore Costantino e secondo alcune fonti era destinata a sposare Costante II, ma lei con la fida nutrice Aglaia si recò a Roma per ricevere dal papa la consacrazione verginale.
Tornata in patria alla morte del padre lasciò il palazzo imperiale, distribuì la sua eredità ai poveri e partì verso la Terra Santa, ma durante il viaggio, secondo la leggenda, naufragò a Napoli presso l’isolotto di Megaride, dove fondò una comunità di preghiera e di assistenza ai bisognosi, ma dopo breve tempo morì.
Sant’Aspreno (IV secolo – Napoli, IV secolo) fu il primo vescovo di Napoli ed il suo carisma fece crescere di numero la locale comunità cristiana.
04 - Sant'Aspreno (Napoli, Gesù Vecchio)
05-Paolo Finoglia - San Pietro battezza Sant'Aspreno (Napoli, Museo di Capodimonte)
Ricevette l’apostolo Pietro in viaggio da Antiochia verso Roma, il quale compì alcuni miracoli. Aspreno fondò la basilica di San Pietro ad Aram, prima chiesa napoletana, dove è ancora conservato l’altare dove Pietro celebrò il sacrificio eucaristico.
San Gaetano Thiene (Vicenza, 1480 – Napoli, 1547), dopo un apostolato svolto al nord e dopo essere stato cofondatore dell’ordine dei chierici regolari Teatini, nel 1533 giunge a Napoli per fondarvi una casa dell’ordine ed il viceré Pedro de Toledo gli concesse la basilica di San Paolo Maggiore. Egli curò anche la formazione dei sacerdoti impegnati nell’ospedale degli Incurabili. Diresse il monastero delle domenicane della Sapienza e guidò Maria Lorenza Longo nella fondazione delle monache Cappuccine.
E’ invocato come santo della Provvidenza.

San Tommaso (Aquino, 1225 – Fossanova, 1274), di famiglia nobile (il padre era imparentato col Barbarossa ed occupava una carica importante alla corte di Federico II a Foggia), consacrava allo studio ed alla preghiera il tempo che i coetanei dedicavano al gioco.

06-San Gaetano (Napoli, Portalba)
07-Giacinto De Popoli - San Gaetano da Thiene (Napoli, S. Maria della Sapienza)
Il padre lo inviò a Napoli dove all’Università insegnavano i più celebri maestri d’Europa, quindi voleva recarsi a Parigi per specializzarsi in teologia, ma la famiglia era contraria e la madre lo fece rinchiudere in una cella del castello, dove cercarono di convincerlo mandandogli una procace ragazza nuda per sedurlo, ma lui la indusse alla fuga brandendo un tizzone acceso. Anche la sorella cercò di farlo ragionare ma il risultato è che si fece suora.
Nel 1272 fu nominato a Napoli professore di teologia con uno stuolo di allievi da ogni parte d’Europa.
Chiamato al Concilio di Lione da papa Gregorio X, dove si discuteva la riunificazione della Chiesa romana con quella greca, durante il viaggio cadde da cavallo, battè la testa e dopo pochi giorni chiuse la sua esistenza a soli 49 anni.
08-Agostino Beltrano - Madonna col Bambino e San Gaetano Thiene (Napoli, SS. Apostoli)
09-San Tommaso d'Aquino (Napoli, Palazzo dell'Università, Cortile del Salvatore)
San Tommaso lasciò alla Chiesa un’eredità immensa: la Summa, che si divide in 38 trattati, 631 questioni e 10000 obiezioni riguardanti non solo la teologia ma anche la metafisica, l’ontologia, l’etica, la politica e il diritto.
Al Concilio di Trento, che sanzionò la spaccatura del mondo cristiano in cattolici e protestanti, la sua Summa fu posta sull’altare al fianco dei Vangeli e la sua dottrina divenne quella ufficiale della Chiesa.
Tra le numerose sante, oltre a Santa Patrizia, di cui abbiamo parlato, non possiamo dimenticare Santa Restituta, Santa Candida e Santa Maria Francesca delle cinque piaghe, l’ultima a raggiungere l’onore degli altari e la cui casa, sita nei Quartieri Spagnoli è continua meta di visite, soprattutto da spose sterili, perché vi è conservata una sedia dotata di poteri prodigiosi perché molte donne dopo essersi sedute sono rimaste gravide.
10-San Tommaso d'Aquino (Napoli, S. Domenico Maggiore)
11-Francesco Solimena (attr.) - San Tommaso d'Aquino (Napoli, S. Domenico Maggiore)
Ed infine vogliamo completare questa carrellata con San Giuseppe Moscati (Benevento, 1880 – Napoli, 1927), un medico che dovrebbe essere preso ad esempio dai suoi avidi colleghi di oggi, il quale nel suo studio aveva in bella evidenza una cesta dove si poneva l’onorario, sul quale campeggiava un cartello esplicativo: “Chi può dia, chi non può prenda”.
Originario di Benevento, si trasferisce con la famiglia a Napoli, dove, dopo la laurea, farà carriera nell’Ospedale degli Incurabili, ma dedicandosi anima e corpo alla cura dei poveri dai quali rifiutava qualsiasi ricompensa. E quando nel 1921 a Napoli scoppiò il colera, fu uno dei pochi che si prodigò giorno e notte senza alcun timore di contrarre il terribile morbo.

12-Santa Restituta (Napoli, Museo Diocesano)
13-Gian Domenico Vinaccia - Santa Candida (Napoli, Museo Diocesano)
Beatificato nel 1975, è divenuto santo nel 1987 e nella chiesa del Gesù Nuovo vi è una cappella a lui dedicata, stracolma di ex voto e dove si può ammirare il suo studio, il suo letto e la poltrona dove serenamente si spense il 12 aprile del 1927 ad appena 47 anni. 

14-Pacecco De Rosa - San Pietro che battezza Santa Candida (Napoli, S. Pietro ad Aram).
15-Casa di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe.
16-Statua di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe.
17-Ignoto - Miracolo di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (Napoli, S. Maria Francesca delle Cinque Piaghe).
18-Chiesa del Gesù Nuovo

19-Elena Ivanova - San Giuseppe Moscati.
20-Statua di San Giuseppe Moscati a Torre del Greco.