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venerdì 16 marzo 2012

Misteri napoletani

7/6/2006

Tra i luoghi misteriosi di Napoli, intrisi di antiche leggende e stupefacenti misteri, la Cappella Sansevero, situata nel centro antico della città, occupa un posto di rilievo, perchè legata indissolubilmente alla figura del proprietario, il celebre principe, ritenuto da sempre un incrocio tra scienziato pazzo e mago stregone e che recenti ricerche stanno ampiamente rivalutando, riproponendone la figura come quella di un profondo conoscitore di segreti alchemici, uomo di grande cultura ed ai vertici della potente massoneria partenopea. 
Da sempre la fantasia popolare è stata eccitata dalla presenza, nei sotterranei della Cappella, di due scheletri con un sistema cardio circolatorio in stupefacente stato di conservazione e si è vociferato che fossero stati creati dallo stesso principe, iniettando una segreta mistura nelle vene di due suoi servitori, ancora vivi, pietrificati in tal modo per l’eternità. Alcune recenti ricerche di medici napoletani tendono a considerare i due scheletri, almeno parzialmente, delle semplici macchine anatomiche, degli artefatti per quanto mirabili, ma non vogliamo parlare di questo, bensì del famosissimo Cristo velato, opera di Giuseppe Sanmartino. 
Lo scultore è presente con molte sue opere in molte chiese napoletane, realizzazioni di buona, a volte ottima fattura, ma solo una volta egli raggiunge livelli sovraumani di abilità e perfezione assoluta: nel Cristo velato, un vero e proprio prodigio tecnico, che permette di vedere chiaramente sotto un velo di marmo le fattezze di nostro Signore. 
Questo unicum, oltre a far giungere a Napoli folle di visitatori da tutto il mondo aveva incuriosito appassionati d’arte e cultori di segreti alchemici. Si mormorava di un intervento diretto del principe nella realizzazione dello straordinario lenzuolo trasparente…, fino a quando, tempo fa, una studiosa napoletana, Clara Miccinelli, aveva pubblicato alcuni documenti notarili comprovanti l’antica leggenda, ma la serietà della comunicazione si perse nei meandri di una troppo pervicace disamina esoterica dell’argomento, per cui l’importante notizia non è stata valutata e recepita dagli studiosi di storia dell’arte. Abbiamo controllato il documento, conservato nell’archivio napoletano e stilato dal notaio Liborio Scala il 25 novembre 1752, tra Raimondo di Sangro ed il Sanmartino, nel quale i due contraenti si accordano sulla realizzazione della scultura e sul segreto da mantenere. Trascriviamo alcuni passi inequivocabili:” ad apprestare una Sindone di tela tessuta, la quale doverà essere depositata sovra la scultura acciò dipoichè esso Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione; e cioè una deposizione di strato minuzioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo. Il quale strato di marmo dell’idea del signor Principe farà apparire per sua finezza il sembiante di nostro Signore dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua. Viceversa il sig. Joseph S. Martino si obbliga alla pulitura ed allustratura della Sindone e a non svelare al compimento di essa statua la maniera escogitata dal Principe per ricovrire la statua”. 
Un altro documento reperito dalla studiosa ci rende nota la formula segreta del principe per la sua stupefacente creazione:” Calcina viva nuova 10 libbre, acqua barilli 4, carbone di frassino. Covri la grata della fornace co’ carboni accesi a fiamma di brace con l’ausilio di mantici a basso vento. Cala il modello da covrire in una vasca ammattonata, indi covrilo con velo sottilissimo di spezial tessuto bagnato con acqua e calcina…. Sarà il velo come di marmo divenuto al naturale e il sembiante del modello trasparire”. 
I due documenti dimostrano oramai in maniera inequivocabile, nonostante non siano noti a gran parte degli studiosi, i limiti dell’abilità del Sanmartino ed aumentano a dismisura la fama del principe. Probabilmente, anche se al momento mancano i riscontri cartacei, pure le altre due sculture velate della Cappella: la Pudicizia del Corradini ed il Disinganno del Queirolo sono state eseguite con la collaborazione del principe, anche se va segnalato che il Corradini, giunto a Napoli in tarda età, aveva già eseguito statue dotate di velature molto abili, come l’omonima Pudicizia conservata al Louvre. 



Per un mistero che si avvia a soluzione un altro si profila di medesimo interesse. La recente riapertura, dopo decenni di criminale chiusura dovuta ai dissesti del terremoto del 1980, del famoso Cimitero delle Fontanelle ha permesso ai visitatori, in occasione del Maggio dei monumenti, di riappropiarsi di un luogo topico della storia e dei costumi di un antica e gloriosa capitale. 
Tra i vari teschi, scomparso quello con i capelli, segnalatomi dal centenario signor Ciro Castello da Stoccarda, assente da casa da 80 anni, quanto mai interessante, nella caverna Golgota, è quello che suda e trasuda liquido, a differenza dei vicini ed in barba di ogni legge fisica e spiegazione razionale. L’antico proprietario è ignoto mentre il fenomeno prodigioso è sotto gli occhi di tutti. Semplice condensa esclama il docente universitario di fisica che mi accompagna nella visita, peccato che lo stesso non accada alle altre centinaia di teschi posti nelle stesse condizioni di clima. Io penserei piuttosto alla manna che trasuda a Salerno o ad Amalfi dalle reliquie di santi famosi e venerati e da laico inveterato ma meditativo riterrei che, trattandosi di resti mortali di uno sconosciuto, si imponga una ricognizione seria ed un esame scientifico per cercare una spiegazione all’inquietante manifestazione essudatizia.


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