mercoledì 21 marzo 2012

Un clavicembalo decorato da Ascanio Luciano

14/1/2008



Ascanio Luciano fu uno specialista nel genere delle rovine monumentali, dipinte in piena luce solare o sotto un bel chiaro di luna, molto richiesto all’epoca dai collezionisti, che utilizzarono questi quadri per decorare le ampie antisale dei loro nobili appartamenti. Vi era anche una certa richiesta da parte degli stranieri, che, in ricordo delle pittoresche ed imponenti rovine da essi ammirate nei dintorni di Napoli, amavano portarsi nei loro tristi e nebbiosi paesi un po’ del nostro sole e il ricordo dei nostri monumenti. 
I dati biografici sono scarni: nato a Napoli nel 1621, nel 1665 risulta iscritto alla Congregazione dei pittori dei Ss. Anna e Luca, vive a lungo fino al 1706, avendo modo così di trascorrere tutta la stagione del barocco napoletano.
Disprezzato dall’Ortolani, che lo definisce mediocre discepolo di Viviano Codazzi, è viceversa trattato con passione dal De Rinaldis che gli dedica un articolo elogiativo nella leggendaria rivista Napoli Nobilissima. La critica moderna gli riconosce, di volta in volta che si scoprono nuove tele spesso firmate, una posizione preminente nel campo dei capricci architettonici ove svolse un ruolo di cerniera tra il Codazzi e il De Nomè  e gli specialisti settecenteschi del genere.
Molto curato è l’aspetto paesaggistico con aperture di rara bellezza, come il maestoso Rovine di un edificio classico presso una costa eseguito in collaborazione con Luca Giordano, con il quale il Luciano aveva eseguito anche la grande tela di Cristo e l’adultera, esposta alla celebre mostra sulla pittura italiana di Palazzo Pitti nel 1922 ed oggi in collezione privata milanese.

Altre opere famose a lui attribuite sono la Veduta della Vicaria del museo di San Martino, eseguita in una accezione molto vicina ai modi pittorici del Coppola ed il San Pietro che risana lo storpio della collezione Molinari Pradelli, in cui le allungate figurine derivano direttamente dal Gargiulo. Un’opera tarda del Luciano, che ci permette di riconoscere il suo stile nella maturità, è l’originale dipinto Scene di melodramma entro ruderi antichi, nel quale è presente forse anche l’autoritratto del pittore ed oltre all’influenza di Giacomo Del Po si evidenzia, come ha sottolineato il Lattuada, un’allusione al mondo teatrale, rendendo plausibile un’esperienza nel campo della scenografia e stabilendo un ponte tra l’esperienza della pittura e quella del teatro.
Quando l’amico siciliano Ugo Casiglia mi mandò delle foto di uno straordinario clavicembalo che gli era stato consegnato per un restauro, rimasi stupefatto per la straordinaria accuratezza della decorazione pittorica della cassa esterna, avvolta in un’atmosfera onirica nella quale, mentre grossi galeoni stazionavano imponenti all’orizzonte, numerosi personaggi si affollavano a riva impegnati negli umili lavori quotidiani.

Si sapeva che lo strumento era di fattura napoletana e collocabile cronologicamente intorno alla metà del XVII secolo, circostanza che mi fece pensare al pennello di Micco Spadaro, ma un esame più accurato delle figurine mi fece escludere l’artista, il quale collaborava nei suoi dipinti con Viviano Codazzi, che si interessava di realizzare gli sfondi architettonici, così imponenti nelle decorazioni in esame.
Escludendo Salvator Rosa, sia per motivi stilistici, ma soprattutto perché in quegli anni il pittore è oramai lontano da Napoli, feci un pensiero ad Ascanio Luciani, un artista meno noto, ma che esegue delle figurine molto simili a quelle che vediamo sul nostro clavicembalo.
Per convincersi basta osservare attentamente la tela di Cristo che scaccia i mercanti dal tempio, conservata nella pinacoteca dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli.
Più difficile è trovare una corrispondenza tra le architetture rappresentate e la realtà, ma è sforzo vano, perché l’artista non ha inteso trasferire sulla tela scorci o panorami esistenti, bensì ha voluto realizzare quello che in gergo pittorico viene definito un capriccio, un tipo di composizione in cui gli elementi architettonici, quasi sempre rovine, sono immersi in un paesaggio, spesso marino, dal vasto orizzonte e di buona fattura. Le sue architetture hanno una luce irreale, sfumante in un’atmosfera lirica, con un gusto marcato nel ricalcare la decorazione scultorea, derivante dallo stile fantasioso del De Nomè.
Identificato l’autore dei paesaggi, bisognerà identificare il committente, ma che egli fosse particolarmente autorevole ed esigente è confermato dalla grandiosa opera di decorazione della cassa esterna del clavicembalo e pare che Ugo Casiglia abbia qualche nome da proporre e ciò sarà argomento di una sua imminente pubblicazione che tratterà anche di un’accurata descrizione tecnica dello strumento.

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